Cari e care WuBookers, in questo articolo torniamo a parlare di Influencer Marketing per svelare retroscena e segreti di un’attività tanto promettente quanto ancora poco nota, almeno nelle sue implicazioni pratiche. Per farlo, abbiamo intervistato Marika Marangella, Social Media Specialist nel settore hospitality e Content Creator con un portfolio di collaborazioni di oltre 200 aziende dal 2015 a oggi. Ecco cosa ci ha raccontato.
Il ruolo degli Influencer nella Travel Economy
In ristrettezze, ma intenzionata a viaggiare: è questa la fotografia della Generazione Z che emerge da diversi studi condotti negli ultimi anni in più parti del mondo. Molti dei nati tra il 1995 e il 2010 dichiarano infatti di preferire un investimento in viaggi piuttosto che in programmi didattici.
E nel farlo, è pronta a usare i canali social per informarsi e scegliere la meta, soprattutto Instagram e TikTok. “Lo scorso anno, numerosi articoli nazionali e internazionali hanno evidenziato come la Gen Z ormai utilizzi queste due piattaforme per cercare e scegliere la destinazione del proprio viaggio”, conferma Marika Marangella, che della creazione di contenuti sui social ha fatto il suo mestiere.
Un fenomeno importante, quello dell’Influencer Marketing, che può avere un ruolo cruciale anche per le strutture ricettive: “ci sono Creator con grandi community che riescono davvero a spostare le masse e a generare richieste di preventivo e prenotazioni in tempo reale, o comunque sul breve termine”. Lei stessa (che in nove anni di attività ha collaborato con brand di diversi settori, dal fashion al beauty, al food & beverage, all’hospitality), ha contribuito alla visibilità e all’aumento di richieste per camere o tavoli delle realtà che l’hanno ingaggiata.
Merito di una strategia studiata a tavolino e di una sinergia efficace tra lei e i suoi committenti.
Iscrivendoti alla newsletter ricevi i consigli dei nostri esperti e le offerte commerciali più vantaggiose:
Parola d’ordine: autenticità
“Non esiste il contenuto giusto”, avvisa Marangella, “è preferibile parlare di creatività che soddisfa le aspettative del committente”, e quelle della community, aggiungiamo noi.
Sicuramente, quando si racconta una struttura ricettiva, ci sono diverse aree da comunicare: le camere, la proposta gastronomica, i servizi di wellness, sport e intrattenimento se presenti, e così via. Ma l’importante è assicurarsi che ci sia coerenza tra i contenuti e l’influencer scelto.
L’esperienza maturata da Marangella in questi anni le ha insegnato che gli errori più comuni tra gli operatori sono ancora:
- la scarsa conoscenza dei profili creativi e delle modalità di coinvolgimento;
- la difficoltà a riconoscere i numeri veri di un Creator (followers, like e commenti);
- il mancato nesso con l’azienda.
In termini di comunicazione, quest’ultimo è il più grave perché può avere effetti controproducenti per tutti. “Se ho una braceria”, spiega, “di certo non posso coinvolgere, e quindi fa parlare di me, un Creator vegano solo perché ha milioni di followers. La sua community percepirà la collaborazione come del tutto inappropriata e perderà fiducia nel Creator”.Al contrario, l’autenticità premia autori e aziende.
Al di là degli argomenti macroscopici, infatti, “ogni hotel ha dei punti di forza e dei temi che vorrebbe comunicare, per questo motivo è utile procedere con una chiacchierata di briefing iniziale”.
Le modalità di contatto e di lavoro giuste
“Dal 2015 ad oggi mi è capitato di essere intercettata e contattata nei modi più disparati: dal DM (Direct Message – ndr) della PR su Instagram, alla chiamata diretta, al commento a un post e anche via mail, sicuramente il metodo più giusto e professionale”.
Dopo il contatto iniziale – che spesso avviene direttamente tra Influencer e albergatore o property manager – si procede con le fasi successive, ovvero: la presentazione del progetto e della campagna, la definizione dei contenuti da realizzare (con indicazione specifica del numero e della tipologia) e la proposta di compenso.
Se si trova l’accordo, l’Influencer attende il brief creativo su cui lavorare e l’indicazione della deadline per produrlo. Questo documento è fondamentale per mettere nero su bianco desiderata, spunti e attese, compresi eventuali temi da evitare e aspetti da valorizzare.
Realizzato il contenuto, questo deve essere prima approvato dall’azienda, quindi pubblicato sui canali interessati. A questo punto si svolgono gli ultimi due step della collaborazione: report dei risultati e fatturazione.
Prima di iniziare, dunque, devono essere chiari gli obiettivi dell’attività: crescita follower e quindi reputation e awareness, ad esempio, oppure prenotazioni quindi conversioni.
Dagli obiettivi dipende anche la scelta dell’Influencer, che può avvenire in diversi modi: il primo è affidarsi a un’agenzia di comunicazione specializzata in pubbliche relazioni per lo scouting e la gestione dei Talent. Queste realtà infatti solitamente hanno già un database contatti da poter proporre all’azienda.
La seconda strada è quella di trascorrere del tempo su Instagram e TikTok e iniziare a familiarizzare con il linguaggio e la creatività dei profili che ci piacciono di più.
Terza e ultima opzione, “che, nel caso di strutture ricettive è la più frequente” – commenta Marangella – è quella di analizzare le candidature spontanee che possono arrivare via messaggi diretti o email, entrare in contatto e farsi mandare un Media Kit.
Ma come capire qual è la strategia migliore?
Strategie diversificate a seconda della struttura
Analogamente al contenuto, non esiste una soluzione giusta per tutti. Esistono però strategie di collaborazione diversificate a seconda della struttura e delle sue possibilità di spesa. Da questo punto di vista l’attività di Influencer Marketing è piuttosto democratica.
“Le grandi aziende di solito si muovono su due piani”, racconta Marika Marangella, “una Celebrity o un Creator da milioni di followers come Brand Ambassador da un lato, e delle campagne con macro e micro influencer per creare movimento social intorno al lancio di un nuovo prodotto o al brand stesso, dall’altro”.Le medie e piccole aziende, invece, tendono a preferire campagne con un numero ridotto di Talent coinvolti e collaborazioni one shot.
Anche i costi possono essere sostenuti con modalità alternative. “Con un piccolo budget possiamo o coinvolgere dei micro Influencer o provare a proporre un’attività in cambio di merce pubblicitaria: ti garantisco e offro lo stay e tu mi fornisci alcuni contenuti social. Possono essere anche delle Stories su Instagram, va tutto concordato!”.
La flessibilità non deve però essere confusa con inesperienza o peggio: l’errore più grande è sottostimare il lavoro del Creator o non dargli abbastanza credito.
Falsi miti e prossime tendenze
“Ad oggi c’è ancora un enorme pregiudizio sulla figura del Content Creator perché si fatica a riconoscerlo come un professionista”, commenta Marangella. E continua, “a questo si aggiunge una mancata conoscenza del tempo e delle competenze che richiede la realizzazione di un contenuto social e, di conseguenza, si percepisce come esagerato e privo di motivazione il compenso richiesto”.
Solo perché alcuni contenuti sono di facile fruizione (che è la ragione per cui vengono creati in prima istanza), non significa che potrebbe realizzarli chiunque. Anche la semplicità degli strumenti non deve trarre in inganno: i Creator sono veri e propri esperti di storytelling fotografico e video, specializzati nell’uso avanzato e creativo dei canali su cui, a tutti gli effetti, lavorano, generando introiti per sé e per le realtà che li ingaggia.
Iscrivendoti alla newsletter ricevi i consigli dei nostri esperti e le offerte commerciali più vantaggiose:
Secondo Marangella, infatti, più che di tendenze nell’Influencer Marketing, in questo momento è più corretto parlare di tendenze nella Creator Economy. Nell’ultimo anno sempre più aziende hanno scelto di affidarsi a Content Creator per la creazione di contenuti social (TikTok e Reels di Instagram in primis) istituzionali, ovvero di UGC (User Generated Content). Una modalità di collaborazione leggermente diversa dall’Influencer Marketing tout court: non più contenuti pubblicati sui profili dei Creator, ma la gestione da parte di questi ultimi dei canali ufficiali del brand.
Un trend che, a suo parere, non accenna a smettere e, anzi, avrà un ruolo sempre più importante nelle strategie di marketing online del prossimo futuro. “In questo modo le aziende riescono ad essere appealing per la Gen Z e competitive con i principali player del loro settore”.
Perché tutto funzioni, resta però fondamentale il rapporto di fiducia tra azienda e Talent, che riguarda tanto la produzione di contenuti quanto i risultati. “I Creator sono persone non algoritmi quindi i risultati possono verificarsi nell’immediato, nel medio periodo o non verificarsi affatto”, ammonisce Marangella, che invita chi lavora con gli Influencer a evitare ogni tipo di scetticismo o pregiudizio. “Il mio impegno quotidiano è quello di formare sempre più persone sull’argomento e mostrare loro come si realizza un contenuto social: dal tempo che richiede la ricerca dell’idea giusta, alla sua realizzazione”.