Bias cognitivi come usarli per il pricing in Hotel

Bias cognitivi: come riconoscerli e come sfruttarli per il pricing del tuo hotel?

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Care e cari WuBookers, sempre più spesso nel nostro quotidiano sentiamo parlare di bias cognitivi. Si tratta di pregiudizi inconsapevoli e piccole distorsioni che la nostra mente mette in atto durante alcuni ragionamenti e processi decisionali. Queste “scorciatoie” – del tutto naturali – rischiano però di compromettere la nostra capacità di fare le scelte giuste, soprattutto quando si tratta di stabilire le tariffe di vendita delle camere. Ecco quali sono i bias cognitivi relativi al pricing dell’hotel, come riconoscerli e contrastarli.  

Cosa sono i bias cognitivi e come influenzano il pricing dell’hotel

La parola “bias” deriva dall’inglese che a sua volta l’ha ereditato dal francese antico. Il significato originale è “obliquo” ma oggi i bias identificano la propensione a fare affidamento su convinzioni che poi si rivelano errate. I bias si attivano in modo automatico soprattutto quando dobbiamo prendere decisioni veloci in contesti governati dall’incertezza. In queste situazioni è come se il nostro cervello si rifugiasse in credenze assodate e sicure senza riflettere davvero sulla loro reale pertinenza. È quello che succede anche quando è il momento di definire il listino prezzi dei nostri prodotti: invece che basarci su analisi affidabili, corriamo il rischio di fidarci del nostro istinto attraverso bias cognitivi rassicuranti e “comodi”. Interferenze inconsce che però possono rivelarsi deleterie per il business.
Ma quanti e quali sono questi bias cognitivi?

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Il bias di conferma

Il confirmation bias è la tendenza a valorizzare solo le informazioni che confermano quanto già credi, ignorando segnali e dati contrari. È un atteggiamento controproducente perché ti impedisce di valutare con lucidità gli altri indicatori portandoti a fare scelte in linea con il tuo pregiudizio. Facciamo un esempio: ad agosto il tuo hotel registra sempre il tutto esaurito ma quest’anno le vendite vanno a rilento. Nonostante le possibili evidenze (recensioni negative, nuovi concorrenti sul mercato, prezzi troppo alti, ecc.), ti ostini a lasciare l’offerta invariata, con esiti potenzialmente nefasti per il profitto, solo perché sei condizionato dal tuo bisogno di conferma.

Il bias di ancoraggio

Questo bias è piuttosto subdolo: consiste nell’affidarsi a una cosiddette “ancore”, ovvero prime informazioni disponibili, senza considerare il contesto presente o la tua situazione particolare. Il caso tipico è quello delle promozioni: magari l’anno scorso hai ottenuto numerose prenotazioni grazie a uno sconto speciale. Quest’anno, invece di chiederti se conviene davvero o meno, lo attivi di nuovo aspettandoti gli stessi risultati. L’anchoring effect produce così decisioni acritiche che rischiano di farti andare fuori mercato o di impostare tariffe troppo basse.

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Il bias dello status quo

Quante volte ci siamo sentiti dire (o ci siamo detti): “Abbiamo sempre fatto così, quindi non c’è ragione di cambiare”? Ecco, questo approccio è figlio del bias dello status quo e testimonia una reticenza alle novità che, a lungo andare, può trasformarsi in un boomerang. Non sempre infatti le condizioni esistenti sono le migliori e opporsi a modifiche che potrebbero risultare più remunerative solo perché non si è mai fatto diversamente prima può farti perdere occasioni di guadagno ed evoluzione. È ciò che accade, ad esempio, con le tariffe fisse: non sempre mantenere inalterato lo stesso prezzo senza adeguamenti nel tempo o senza provare strade più performanti come i prezzi dinamici, è la cosa migliore.

Il bias della sovrastima

Anche l’esperienza può giocare un brutto tiro, soprattutto quando porta ad essere troppo sicuri di sé. Sovrastimare le proprie capacità significa proprio questo: essere convinti di avere la ragione in tasca solo perché si ha una certa dimestichezza con un argomento. Una condizione che può esporre a perdite e occasioni mancate. Può succedere così di interpretare alcune situazioni, come un certo andamento del mercato, in un modo solo perché si è condizionati dalla propria sicurezza, escludendo dal quadro dati oggettivi e utili. Mettersi in discussione e allargare lo sguardo “oltre il proprio ombelico” aiuta a evitare l’overconfidence bias.

L’avversione alle perdite

Infine, c’è un ultimo tranello da cui provare a stare alla larga: l’avversione alle perdite. A nessuno piace perdere soldi ma in alcuni casi una piccola contrazione dei guadagni immediata può comportare maggiori rendite future. Ipotizziamo di trovarci in bassa stagione: la richiesta è al minimo e le camere non si vendono. Abbassando le tariffe, il Revenue Manager potrebbe temere di andare in perdita ma se non lo fa è probabile che gli alloggi rimangano comunque invenduti. Bisogna quindi evitare preconcetti a monte e fare una valutazione accorta dei costi e dei benefici di tutte le opzioni disponibili per decidere cosa è meglio.

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Anche chi viaggia “soffre” di bias cognitivi: ecco quali

I bias non riguardano solo chi i prezzi li fa, ma anche chi li vede, ovvero i potenziali clienti della struttura. Alcuni sono molto simili a quelli che abbiamo già visto, mentre altri fanno leva su meccanismi tipici dell’acquisto.
Facciamo un elenco dei principali e di come potresti sfruttarli a tuo vantaggio:

  • bias di conferma: chi viaggia solitamente cerca un’esperienza positiva. Mostrare immagini e fornire descrizioni che avvalorano questa convinzione è dunque essenziale per assicurarsi le prenotazioni;
  • bias di ancoraggio: le persone tendono a basare le proprie decisioni sulla prima informazione disponibile. Un prezzo inizialmente alto seguito da uno sconto è uno stratagemma efficace per lavorare con questo bias;
  • bias di scarsità (unito al bias della perdita): se qualcosa scarseggia, significa che è preziosa. Una convinzione che puoi alimentare attraverso offerte limitate nel tempo o nelle quantità per stimolare la domanda;
  • bias di autorità: è quello che scatta quando vediamo o ascoltiamo qualcuno che consideriamo autorevole e che, per questo, può influenzare il nostro comportamento. L’influencer marketing per hotel fa affidamento proprio su questo;
  • bias della riprova sociale: imitare cosa fanno gli altri è un altro potente bias cognitivo. Come sfruttarlo? Ad esempio mostrando recensioni e commenti positivi degli ospiti per aumentare la percezione di valore e incoraggiare le prenotazioni dirette.

Dunque, i bias cognitivi possono essere vantaggiosi se riguardano i clienti, ma sono nemici pericolosi se interferiscono con le strategie di revenue management dell’hotel. Ridurne la portata (e quindi i potenziali danni) è possibile grazie a specifici strumenti esterni.

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Il PMS come strumento per evitare i bias cognitivi del pricing

Essere consapevoli della loro esistenza non sempre è sufficiente per evitarli. Un modo efficace è, allora, quello di farsi aiutare dalla tecnologia. Quale tecnologia? Per iniziare, sicuramente da un buon PMS per hotel, come Zak di WuBook.
Grazie a questo software, pensato appositamente per supportare albergatori e property manager, è possibile effettuare tutte le operazioni salienti di una struttura ricettiva, raccogliendo dati utili per farla crescere al meglio. Oltre a permetterti di registrare le prenotazioni, gestire il check-in e check-out degli ospiti, organizzare il lavoro di housekeeping, infatti, Zak fornisce informazioni preziose sull’andamento dell’hotel o del B&B, includendo dati come: la velocità di vendita, l’ADR, il RevPAR, le cancellazioni ricevute e tanto altro ancora. In questo modo hai sempre la panoramica completa e in tempo reale del rendimento della struttura e puoi usare dati oggettivi invece di semplici supposizioni.

Inoltre, può essere collegato facilmente anche con altri strumenti essenziali per fare valutazioni sensate sulla redditività dell’albergo, come i Revenue Management System: tool specializzati che, grazie ai dati forniti dal PMS, riescono a prevedere la domanda e a suggerire strategie di prezzo convenienti. Così sì che puoi prendere decisioni davvero “di testa”.

Perché, diciamocelo, quando si tratta di business e marginalità, contare solo sulle proprie intuizioni e sensazioni non è quasi mai una buona idea, non trovi?